Da Djanet a Tam per Tagrera Algeria – 2001

Lungo la pista dei contrabbandieri che costeggia il Niger

È il 5 di agosto 2001 il giorno della partenza per l’Algeria: i nostri due Defender (un 110 e un 90) si imbarcano per Tunisi, con un appuntamento a Djanet con un’altra coppia di amici su un altro 90: li raggiungeremo dopo 2.600 km, il 10 agosto. Il percorso è quello usuale: un giorno di navigazione per Tunisi, la notte a Tozeur, il transito per Nefta (la splendida palmerie ricca d’acqua e passaggio per l’Algeria) l’arrivo serale a Ouargala. E poi sempre a sud, come i migratori d’inverno, per l’asfalto che incrocia i pozzi e le lunghe pipe-line, tubi neri adagiati sulla sabbia dedicati al trasporto del greggio dalle parti di Hassi Messaoud, per Illizi e Djanet, oasi e centro principale ai piedi dell’altipiano calcareo del Tassili N’Ajjer situato a 2000km a sud est di Algeri.

Djanet offre una giornata di riposo per fare scorte, nell’attesa degli amici in arrivi dal Niger, e l’opportunità di avventurarsi nei dintorni per vedere l’ormai celebre incisione della “vacca che piange”, per trovare antichi sepolcri e la pista costruita dai francesi nel secolo scorso per attraversare il deserto.

Djanet, dunque, l’oasi verde dalle tante palme, disegnata di case bianchissime con porte turchine: da qui si parte per 1000 chilometri, giusti giusti, lungo la pista dei contrabbandieri, costeggiando il Niger, attraverso le grandi concrezioni rocciose di Tagrera, che si ergono come dita al cielo, per poi raggiungere Tamanrasset per ferragosto.
Tamanrasset o Tamanghasset in lingua touareg, oppure Tam, a 1400 metri sul livello del mare nel cuore della regione montuosa dell’Hoggar. Tam è un mito antico del deserto che sta faticando a ricollocarsi nei percorsi migratori dei nuovi disperati che da sua a nord attraversano queste sabbie, infatti la città ha ultimamente conosciuto uno sviluppo impressionante sia come città turistica sia come luogo di attesa dei flussi di clandestini verso l’Europa.

Da Tam si parte per il nord, per l’Assekrem di padre Foucauld, e poi in dieci giorni a Milano, lungo la transahariana, una via asfaltata di 1.950 Km che tocca Ghardaia, El Golea e In Salah.

E’ sull’Assekrem che impariamo a cucinare la taghella.

Alla fine 6.400 chilometri in tre settimane con un consumo medio di 7 km al litro.

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Da questo viaggio è nata la collaborazione con Stefano Laberio con cui abbiamo realizzato il libro “Algeria – in auto e moto su piste e deserti” pubblicato nel 2002, dove è possibile seguire tutto l’itinerario in dettaglio.